08/04/13

Hey Joe




Jimi camminava come se non avesse paura di nulla. E più o meno era vero. Gli piaceva camminare per le strade di campagna, perché erano sempre più tranquille rispetto ai centri abitati.
“Gli ex centri abitati” disse ad alta voce, e sghignazzò. Certo, all’inizio aveva avuto paura, cazzo se ne aveva avuta, ma poi si rese conto che la cosa poteva essere affrontata, e da allora aveva deciso di smettere di spaventarsi. Jimi non si chiamava veramente Jimi, figuriamoci, ma una volta suonava la chitarra, ed era un autentico appassionato di Mr. Hendrix. Non c’era un pezzo di cui non sapesse almeno il giro di accordi, e così tutti i suoi amici ad un certo punto presero a chiamarlo così.

Aveva una gran voglia di suonare, erano mesi che non toccava una chitarra.

La benzina della sua moto da cross era finita, e adesso la portava a piedi verso un posto in cui gli sembrava di ricordare ci fosse una stazione di servizio. Se avesse trovato carburante, bene, altrimenti avrebbe mollato la moto e cercato un altro mezzo. L’importante era non rimanere a piedi. Contro uno, due, tre, se la sarebbe anche cavata, ma contro un branco... cazzo, non avrebbe avuto speranze. È come con i branchi di cani randagi, anche se in genere i cani sono più intelligenti. In genere. Ne aveva incontrati un paio che erano davvero furbi. Uno di questi stronzi gli aveva addirittura parlato, anche se “parlare” è un eufemismo. Diciamo che nell’urlo che gli aveva lanciato si ci potevano riconoscere delle parole. “Siete finiti”, così aveva detto, con un grande sforzo di originalità pensò sorridendo Jimi, ma aveva ragione. Cazzo se ne aveva.

Jimi aveva deciso di non avere più paura perché aveva capito che prima o poi ci sarebbe rimasto, e l’aveva accettato, ma fino ad allora avrebbe combattuto. Aprì lo zainetto con le poche cose che si portava dietro per prendere la bottiglia d’acqua. Doveva recuperarne assolutamente dell’altra. Bevve un piccolo sorso e poi la rimise a posto, vicino alla Beretta che aveva sottratto al cadavere di quel soldato e all’accetta che si portava dietro fin da quando era stato costretto a fuggire da casa sua. Jimi ne aveva uccisi un po’ nelle giuste occasioni, mentre in altre non aveva potuto fare altro che fuggire. Non aveva mai incontrato qualcuno vivo, mai, forse perché aveva sempre accuratamente evitato i centri abitati: lì la probabilità di incontrare qualcuno sarebbe stata certamente più alta, ma c’era anche un numero molto maggiore di Mortimer, come aveva preso a chiamare i morti ambulanti. Avrebbe dovuto cercare anche dei vestiti, le notti cominciavano a diventare davvero fredde, e non bisognava dimenticare che si muore anche per tante altre cose che non coinvolgono morsi e lacerazioni da parte di cadaveri.

Poi Jimi vide quello che stava cercando, la pompa di benzina era esattamente dove lui ricordava che fosse. Decise di tagliare la lunga curva che lo separava dalla stazione di servizio attraverso i campi. Si avvicinava piano, cercando di cogliere qualsiasi movimento. Per ora sembrava tutto tranquillo. A parte un paio di auto abbandonate, lì sembrava che non fosse successo niente. Una pompa di benzina chiusa in una strada di campagna. Le pompe ovviamente non funzionavano, e Jimi non aveva una cazzo di idea di come fare a rifornire la sua moto da cross. Non si accorse dei due Mortimer dietro di lui, uno con ancora la tutina blu della compagnia petrolifera. Non si accorse di loro fino a quando non furono abbastanza vicini da toccarlo. Li guardò come se fosse pietrificato. Quello che una volta doveva essere il benzinaio, con la tuta lurida, sangue rappreso sui vestiti e sui capelli bianchi, si avvicinava osservandolo con l’unico occhio rimasto. L’altro, un panzone a torso nudo, lo seguiva a breve distanza. Jimi rimase come ipnotizzato dal lardo che vibrava ad ogni passo.

Scappò nella direzione opposta a quella in cui era venuto, correndo nei campi, cercando di nascondersi nella vegetazione che, senza più controllo, tornava a crescere rigogliosa. Il lardone rimase molto indietro, ma il benzinaio era veloce ed instancabile, e lo inseguiva avvicinandosi sempre di più. Jimi tentò di aprire lo zaino, e per impugnare la pistola perse l’accetta, l’acqua e le altre poche cose che portava lì dentro. Mentre si girava, con la pistola in pugno, sorridendo, sicuro di averla fatta franca ancora una volta, sentì il vuoto sotto i suoi piedi. Cadde, batté la testa e poi tutto divenne buio.

Si risvegliò completamente bagnato, con un dolore pulsante dietro la nuca ed uno ancora più forte alla caviglia sinistra. Doveva essersela slogata o addirittura rotta. Era finito in un pozzo, ma non riusciva a ricordare per quanto era rimasto privo di sensi. Le pareti erano lisce, bagnate e ricoperte di muschio, impossibile arrampicarcisi, soprattutto con la gamba in quelle condizioni. Il jeans era teso attorno alla caviglia gonfia e dolorante. Il sangue aveva smesso di fuoriuscire dalla brutta ferita che si era fatto dietro la testa, ed era completamente bagnato, dalla testa ai piedi, a causa dell’acqua sul fondo del pozzo. Aveva la pistola in grembo. Che situazione di merda, pensò. Poi capì di essere messo peggio di quanto pensasse. Sentì il ringhio di almeno due Mortimer che si avvicinavano, e pensò dovessero essere il benzinaio e il lardone che ora gli davano la caccia. Cercando di non fare rumore, Jimi si acquattò in una piccola zona d’ombra, e si lasciò sfuggire un piccolo gemito quando tentò di spostare la caviglia ferita. Rimase immobile per quasi mezzo minuto, trattenendo anche il respiro, cercando di capire se l’avevano sentito. Avrebbe aspettato il buio, e poi avrebbe tentato la fuga, ma per ora l’importante era non farsi sentire, così i due morti ambulanti lì fuori avrebbero smesso di cercarlo e con un po’ di fortuna sarebbero andati via. Jimi non aveva mai dubitato della sua buona stella, e anche lì, sul fondo di un pozzo, in quella cazzo di situazione, pensava che la sua buona stella gli avrebbe dato ancora una volta una mano.

L’improvviso urlo del lardone, e la sua faccia enorme e rotonda come una notte di luna piena, gli fecero saltare il cuore in gola e un grido di terrore uscì dalla sua bocca spalancata. L’avevano trovato. Tutto quel casino aveva attirato anche l’altro, quello con la tuta da benzinaio blu, ed ora tutti e due si sporgevano con il busto nella bocca del pozzo, allungando le mani e urlando contro di lui. Jimi li guardò, frapposti fra lui e la luce, esaminò i loro volti, la pelle bianca come alabastro con una leggera sfumatura violacea, le vene blu appena sotto la pelle, il sangue e lo sporco rappreso attorno alle loro bocche e attorno alle loro ferite, gli occhi rossi e vuoti. Presto lo avrebbero raggiunto. Sentì solo il sapore freddo della canna della pistola all’interno della sua bocca, il metallo che spingeva contro il palato, la mente sgombra da pensieri mentre premeva il grilletto.
(Settembre 2011)

07/05/12

The Hour Of Death




Siamo in trappola. Siamo venuti in aeroporto pensando di poterci salvare, facendo affidamento sul paio di piloti tra di noi, ma tutto quello che abbiamo trovato è solo morte e distruzione . Avremmo potuto prevederlo... l’aeroporto alla fine non è così lontano dalla città, e a quanto pare è stato preso d’assalto, e non solo da esseri umani.

Ci stanno dando la caccia da giorni. O non sono così stupidi come sembrano, oppure qualcuno li guida.

Senza più gente che brulica come formiche, con tutto questo sangue e questi cadaveri, questo aeroporto non è più un aeroporto, è una tomba. No, a quest’ora della notte, con questo silenzio, assomiglia di più ad un santuario.
Nostra Signora dei Dannati.
Cantiamo una messa alla fine della razza umana, datemi un Amen.

Sapevo che sarebbe finita in qualche strana maniera, quando tutto è cominciato. Sono pronto. Lo sono da quando lei se n’è andata.
Dovevo fare qualcosa. Le sue mani nelle mie sono diventate fredde come il ghiaccio e la sua pelle è diventata bianca come il marmo, e a me veniva in mente la nostra vita prima che l’Inferno si riversasse sulla Terra. Pensavo a come eravamo felici prima di tutta questa miseria, pensavo a quando mi svegliavo la mattina nella nostra camera da letto e lei era lì a pettinarsi i capelli, pensavo alle notti passate insieme, e alla vita che avremmo potuto vivere, e a come ci è stata strappata.
Ma in qualche modo torneremo insieme. Quando saremo marciti entrambi, come pezzi di carne dimenticata al sole, quando saremo entrambi diventati polvere, niente ci potrà mai dividere ancora.

Perché siamo qui? Per fare quello che è necessario quando è necessario.

Perdonami per quello che ti ho fatto, sai che non avrei mai voluto. Perdonami se non ho saputo proteggerti, e perdonami se ho esitato a liberarti. Perdonami se ti ho fatto diventare una di loro, prima di fare quello che dovevo. Sono stato debole.

Stiamo fuggendo come topi da una nave che affonda. Non abbiamo idea di cosa fare. Le porte del magazzino in cui ci siamo rintanati non reggeranno a lungo, e anche se fosse, prima o poi dovremo uscire per recuperare da bere e mangiare, e loro saranno lì ad aspettare, per sempre.

Tesoro mio, te lo prometto, stavolta sarò coraggioso. Non espierà le mie colpe, non ti riporterà in vita, ma non aggiungerà altro peso al mio fardello.

Lentamente prendo il fucile dal borsone. Ho abbastanza proiettili per tutti, e poi l’ultimo, quello nel taschino vicino al mio cuore, quello con il tuo nome inciso, quello lo userò più tardi. E poi saremo insieme per sempre.
Ti amo.
(Agosto 2011)